Mi scuso per la lunghissima pausa, ma è dovuta a cause di forza maggiore. Due settimane fa mi è improvvisamente morto il computer, evidentemente di pura e semplice vecchiaia. Per fortuna ho un fratello che è un esperto della materia, e lui è riuscito, al prezzo di una semplice cena, a recuperare un altro computer che aveva di scorta, non solo, ma ha anche salvato tutto il salvabile, per cui ora sono più o meno dove ero prima, anzi, con le migliorie che mi ha apportato, forse anche meglio.

Nel frattempo ne sono successe di cose. L’unica che proprio non mi ha appassionato è stata purtroppo la serie finale dell’NBA. Evidentemente ero stato troppo ottimista sulle possibilità di Dallas che ha fatto una pessima figura. Non ho visto niente, perché è solo ovvio che per vedere un evento sportivo annacquato da pause lunghissime e intollerabili, già di per sé non proprio entusiasmante, di alzarsi alle 2 e mezza di notte non si parla neppure e dunque ogni mattina attendevo di sapere il risultato per vedere se valeva la pena di vedere la differita.

Come ha scritto Andriz non c’è stata neppure una partita (forse poteva essere la seconda, ma avendola Dallas persa non me la sono sentita di guardarla) che valesse la pena rivedere, per cui non so niente né mi sembra di perdere nulla non sapendolo. Tanto era inutile commentare dal mio punto di vista sapendo di rivolgermi a una platea per la quale se Dallas vince è merito di Kidd e della squadra, e se invece perde, è sempre e comunque colpa di Dončić.

A proposito, avevate ragione su Nebo che si è aggregato alla nazionale slovena in vista del Preolimpico di Atene, al quale parteciperà anche Luka, che avendo perso dopo veloce procedura, come dicono gli sloveni, ha avuto tutto il tempo di tornare a casa, riposare un tantino e vedere dalla tribuna la vittoria alle Stožice in amichevole contro la Lituania. Intanto si allena e giocherà l’ultima amichevole in casa prima di andare a Atene, dove per andare alle Olimpiadi la Slovenia dovrebbe battere a casa sua la Grecia, impresa tutt’altro che semplice. Per fortuna dopo un anno di tribolazioni sono tornati a disposizione sia Vlatko Čančar che Edo Murić e con Dončić al timone e Nebo sotto canestro la squadra appare competitiva. La qualificazione olimpica sarebbe una vera e propria ciliegina sulla torta di un’estate da favola per gli sport di squadra sloveni. Dopo la qualificazione olimpica di ambedue le squadre di pallamano c’è stata la cavalcata trionfale nella Lega mondiale di pallavolo nella quale la Slovenia ha addirittura vinto la fase regolare qualificandosi alla grande per le Olimpiadi e in più la nazionale di calcio sta facendo un’eccellente figura agli Europei qualificandosi per la prima volta nella sua storia per la fase a eliminazione diretta. Ci è riuscita in un girone molto difficile senza mai perdere, strappando anche uno 0 a 0 contro gli inglesi, impresa se ci pensate incredibile per una nazione che è né più né meno, come ha detto il CT Kek, che la periferia di una metropoli che si confronta con gli inventori dello sport più popolare al mondo, espressione di una Lega che letteralmente nuota nell’oro. Se qualcuno mi avesse detto ancora una trentina di anni fa che in una grande manifestazione di calcio la Slovenia sarebbe andata avanti, mentre Croazia e Serbia sarebbero state eliminate, gli avrei riso in faccia. E ora comincia il Tour, fra l’altro. Personalmente farò un tifo sfegatato per Primož Roglič che, più passano gli anni, più mi è simpatico. La TV slovena gli ha fatto un’intervista pre-Tour nell’occasione della presentazione della squadra avvenuto guarda caso a Salisburgo, visto che avrà sulla maglia per la prima volta in primo piano il logo della Red Bull, chiamandosi ufficialmente Red Bull Bora Hansgrove. Alla domanda su quali siano i suoi obiettivi ha risposto: “Vorrei tanto nelle tappe di montagna apparire nelle riprese televisive, in quanto vorrebbe dire che sono assieme a Tadej e dunque sto andando bene.” Come si fa a non fare il tifo per uno così?

Venendo al basket di casa nostra non posso ovviamente non gioire per il ritorno in A-1 della Pallacanestro Trieste alla fine di playoff dominati in lungo e in largo dopo aver faticato non poco nella fase regolare. Come mai la squadra al momento chiave si sia trasformata in una macchina vincente ci sono tantissime possibili spiegazioni. Io personalmente credo abbastanza in quanto mi hanno raccontato fonti molto attendibili su strani retroscena nel rapporto squadra-coach. Non avendo cognizione personale della faccenda lascio aperte le porte ad ogni possibile spiegazione e in fin dei conti quanto conta alla fine è solo il risultato finale sul campo. Sulla serie finale per lo scudetto lascio a voi le interpretazioni su cosa sia realmente successo. Io non riesco a capire come due squadre dotate di ottimi giocatori possano arrivare alla fine della stagione talmente cotte. OK, ambedue hanno giocato un numero spropositato di partite, ma comunque quelli dell’NBA ne giocano di più ed oramai i roster delle squadre europee di vertice sono numericamente più o meno equivalenti a quelli delle squadre americane. Anche le trasferte sono più agevoli qui che laggiù, tanto più che stavolta non occorreva fare lunghi viaggi in Russia, insomma non so che pensare. In questi casi le colpe sono o dei preparatori atletici incapaci, oppure dello staff tecnico che non sa far ruotare in modo armonico le risorse che ha a disposizione, oppure ancora della sfiga pura e semplice che a causa di infortuni toglie di mezzo per lunghi tempi giocatori chiave. A dire il vero in quest’ultima ipotesi c’entrano sicuramente i lavori atletici che, fatti bene, dovrebbero di molto ridurre le possibilità di infortunio, ma tant’è. Ragion per cui non ho spiegazioni tecniche di quanto visto. Per me è stata principalmente una questione solamente di mancato rendimento  dovuto a energie che improvvisamente, a un dato momento della partita, venivano a mancare. Un po’ come quando un ciclista prende la bambola salendo sul Galibier. Hanno vinto i meno morti, in definitiva.

Per quanto riguarda la nazionale ho visto qualcosa delle amichevoli giocate e onestamente non riesco a farmi un’opinione articolata, o comunque plausibile. Mai come stavolta le amichevoli mi sono sembrate veramente tali, salutari sgambate per vedere l’effetto che fa e quanto valgano veramente le squadre che ho visto lo diranno solamente gli impegni veri. L’Italia è quella che mi attendevo, onestamente, anche se so che molti di voi sono inorriditi dal fatto che non sia stato convocato un pivot vero, di quelli che giocano sotto canestro e si fanno un mazzo come babbuini per sgomitare per prendere rimbalzi e fare tagliafuori. Se mi dite voi chi ci sarebbe in Italia che potrebbe fare questo lavoro che sia oltre i 2 e 10 per favore ditemelo, in quanto io non lo vedo. Tessitori? OK, è un po’ più lungo di quelli che sono stati chiamati, ma sarebbe sempre un’ottima cosa se la gente si rendesse conto che tutti i giocatori al mondo di qualsiasi sport sono giocatori di categoria. C’è gente che fa sfracelli magari in Serie B e poi, chissà come, quando arriva in Serie A sparisce. E di converso c’è gente che può essere utile ai massimi livelli (un nome su tutti nel basket: lo sloveno Žiga Dimec), ma che non potrebbe fare la differenza neanche in C Gold. Tessitori è il classico giocatore di categoria che, per le cose che sa fare, giocando a livello internazionale trova semplicemente gente più forte di lui e allora sparisce. Metto in chiaro che secondo me Tessitori, quando era ancora  giovane, era un grande prospetto perché di basket ne capisce e non c’è persona che sia dispiaciuta più di me per il fatto che alla fine non abbia mai fatto il passo decisivo verso l’eccellenza che meritava di fare. Perché non lo abbia fatto chiedetelo ai fenomeni italiani della panchina. In definitiva a questo punto a livello internazionale è fondamentalmente inutile. Il lavoro di un centro vero in Italia c’è, volenti o nolenti, un solo giocatore che lo sappia fare, peccato che abbia fisico e attitudini da ala piccola e non certamente da centro, ed è ovviamente Niccolò Melli. E in misura minore Ricci e Polonara. Che infatti sono presenti. A me sembra, guardando dal di fuori all’Italia come a una squadra qualsiasi, non essendoci emotivamente coinvolto, che sia obiettivamente una squadra dai moltissimi limiti, non certamente del massimo livello europeo, per quanto neanche altrove in Europa ci sia al momento grasso che cola. Sostanzialmente si tratta di una squadra piccola e poco fisica che può giocare in un solo e unico modo, all’arrembaggio con una difesa che deve essere sempre perfetta, correndo e tirando. E ovviamente per vincere deve segnare tanto da fuori. Cosa che a volte succede e a volte no, per cui ogni squadra di vertice ha un piano B. Che l’Italia non ha e non può avere, visti i giocatori che si ritrova. Chiaro che nei giorni di grazia imbucando tutto si può vincere, ma di converso quando non va si può perdere contro squadre magari inferiori, ma più complete e duttili nel gioco. Non solo, ma in questo caso il coach viene messo alla berlina dalla massa di tifosi convinti di essere onniscienti di basket che gli imputano di non essere corso ai ripari nei momenti di crisi. Ripeto e sottolineo: semplicemente non lo può fare perché proprio non ha i giocatori, né in Italia esistono che non siano in nazionale, capaci di farlo. Cosa riuscirà a fare a Portorico proprio non lo so. Sarà dura, ma lasciamoci sorprendere. E’ già successo e personalmente penso che il Poz, con la squadra che ha, abbia finora ottenuto risultati superiori a quelli che, con questa squadra e questi giocatori, avrebbe dovuto ottenere. Liberi di pensare diversamente e di reputare che da qualche parte (ma dove? In Italia? Non scherziamo!) ci sia gente più capace da mettere in panchina e che poi, con un tocco di bacchetta magica, leggi scovando fenomeni nascosti da qualche parte che nessuno aveva ancora cercato né trovato, ottenga miracoli. Mi sembra che si stia ricalcando quanto successo nel calcio, dove si pensava che, una volta chiamato alla guida della nazionale il mago Spalletti, la squadra si sarebbe librata nell’Empireo del gioco sublime. Poi è arrivata la Spagna e si è visto. Come diceva un mio amico, e come ripeto sempre, non si possono trasformare piccioni in aquile. E nel basket vale altrettanto.

Per finire capitolo golf. Per fortuna sono andato a dormire prima delle ultime quattro buche degli US Open e non ho visto il harakiri di McIlroy. Pensavo di informarmi subito la mattina dopo, ma, avendo il computer fulminato, ho dovuto attendere che la notizia venisse data in TV. Scoperto quanto successo sono passato subito a svagarmi con altre cose, per cui quanto è successo veramente lo avete descritto voi e dunque grazie per avermi ragguagliato. In diretta non l’avrei sopportato. Tutto quello che si può dire è che mai come stavolta si è dimostrato che il golf è sport vero, in cui la testa ricopre un ruolo fondamentale, e quando la testa sbarella il disastro arriva inevitabile. Non riesco a capire cosa si sia inceppato nei meccanismi mentali di Rory e sarebbe veramente affascinante se qualche esperto (vero) ce lo spiegasse. Devo comunque dire che la vittoria di DeChambeaux (o DeChambeau? Non me lo ricordo mai) non mi ha affranto ulteriormente. E’ l’unico a cui sembra che l’atmosfera evidentemente rilassata e sbracata della Lega saudita abbia fatto bene abbassando il super voltaggio a cui era attaccata la sua personalità, mentre la stessa atmosfera sembra abbia totalmente imbolsito i suoi compagni di avventura, tutti spariti nell’anonimato più spinto (Dustin Johnson, Koepka, Cam Smith, lo stesso Rahm…). L’ho visto più umano e incredibilmente quasi simpatico quando a una buca par 4 raggiungibile con il drive e con il pubblico che lo invocava a prendere il cannone per sparare la bordata, ha invece preso un ferro facendo un gesto di scusa verso gli spettatori, del tipo va bene lo spettacolo, ma, scusatemi, sono qua per vincere e dunque non posso fare il fenomeno. Ha giocato molto bene anche e soprattutto attorno ai green, per cui non ha rubato niente.